Come si vede dall’indice, questo confronto con Fernando De Angelis si estende
per sei parti. Qui di seguito riportiamo la quarta parte.
1. LE TESI
(Fernando De Angelis): Quando si cita il nuovo patto di Geremia si
va al capitolo 31, che però è parte della sezione comprendente i capp. 30-33, i
quali si collegano strettamente al cap. 29, dove Geremia rassicura gli esuli
a Babilonia che, dopo settant’anni, Dio li avrebbe fatti tornare. I capitoli
30-33, perciò, sono rivolti a quegli stessi esuli, con i quali nel futuro Dio
non vuole soltanto ripristinare i vecchi rapporti risultati inefficaci, ma
intende stabilire un rapporto più profondo. Tutto ciò è ben chiaro
all’inizio della sezione: «Ecco, i giorni vengono in cui io riporterò
dall’esilio il mio popolo» (Gr 30,3); è evidente che in tutta la sezione
i giorni futuri, ai quali ci si riferisce, sono quelli del ritorno da
Babilonia (31,27.31.38; 33,14; cfr. anche 30,7s; 31,1.6.29). Qualunque sia
l’applicazione, che se ne fa al NT, anche il primo riferimento di Geremia è al
ritorno da Babilonia.
2. OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella): È chiaro che
Geremia parlasse ai Giudei del suo tempo. Tuttavia, pressoché nessuno dei
presenti sarebbe mai tornato da Babilonia. Quindi, tutti i riferimenti
riguardavano i loro discendenti.
Tali discendenti potevano essere la «generazione X», se tutti fossero
tornati in patria, per costituire l’antico regno d’Israele con a capo il «nuovo
Davide», ma così non fu.
Che cosa avviene, quando le premesse a una promessa storiche di Dio non vengono
onorate da parte del popolo? Allora subentra la «dinamica predizionale»,
altro termine tecnico da me coniato decenni or sono, per spiegare quanto segue:
in tali casi, Dio adempie solo le sue promesse nel senso di una «caparra
storica», in vista del pieno adempimento (normalmente escatologico),
allorquando le premesse richieste saranno tutte adempiute. Si veda al riguardo
in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002),
l’articolo: «Dinamica predizionale», p. 138.
L’intento storico di Dio era stato questo: «Io avevo strettamente unita a
me tutta la casa d’Israele e tutta la casa di Giuda, dice l’Eterno, perché
fossero mio popolo, mia fama, mia lode, mia gloria; ma essi non hanno voluto
dare ascolto» (Gr 13,11).
Ecco l’accusa che Dio fece ai due regni: «La
casa d’Israele e la casa di Giuda hanno rotto il patto, che io avevo
ingiunto ai loro padri» (Gr 11,10; cfr. v. 17;
31,32).
Quindi, dopo il ritorno dall’esilio, fu stipulato un «nuovo patto», che
prevedesse anche un nuovo tipo di legislazione? La risposta è negativa. Eccone
le motivazioni storiche e teologiche.
■ Dio avrebbe ingiunto tale nuovo patto alla «casa d’Israele» e alla «casa
di Giuda». Ciò significa che dovevano esistere due entità politiche e
nazionali, ossia due regni distinti, che avessero un proprio territorio e una
propria autonomia (cfr. Gr 18,6-11 «casa[to]» = nazione; per la connessione fra
«casa[to]» e «regno» cfr. 2 Sm 16,3; 1 Re 12,21; Os 1,4). La «casa d’Israele»,
per essere tale, deve avere, oltre al territorio e all’autonomia, la sua
struttura teocratica: re, capi, sacerdoti e profeti (Gr 2,26).
Al ritorno degli Ebrei dall’esilio, la maggior parte erano Giudei, si allocarono
nel vecchio territorio di Giuda, specialmente intorno all’antica capitale. Nel
territorio del regno del nord
erano stati allocati dagli Assiri oramai da circa 186 anni popolazioni pagane
eterogenee, che poi verranno chiamate «Samaritani» (da Samaria, l’antica
capitale). Quindi, non esisteva la «casa d’Israele». E non esisteva
neppure un regno di Giuda, visto che la Giudea era un lembo dell’impero
persiano.
■ La realizzazione del nuovo patto presupponeva il ritorno in concerto
della casa di Giuda e della casa d’Israele nel «paese delizioso», nella più
«bella eredità delle nazioni», e del
riconoscimento dell’Eterno come «Padre mio!» (Gr 3,18s).
■ La realizzazione del nuovo patto presupponeva il ripopolamento dei
territori delle due «case» con uomini e animali (Gr 31,27). Ecco le
motivazioni perché ciò non si realizzò: la stragrande maggioranza degli
Ebrei non tornò in patria, il regno del nord (Efraim) era occupato da
popolazioni pagane, il territorio di Giuda era parte di un impero pagano;
inoltre, come ci mostrano i libri di Esdra e Nehemia, gli esuli erano
continuamente sotto pressione per mano delle popolazioni pagane circonvicine.
■ Tale «nuovo patto» non era semplicemente un aggiornamento del patto mosaico
(Gr 31,32). Quando arrivò Esdra in Giuda, egli fu così titolato: «scriba
versato nella legge
di Mosè data dall’Eterno, Dio d’Israele» (Esd 7,6; cfr. v. 11
nei comandamenti e nelle leggi; vv. 12.21).
Nei libri post-esilici non si trova traccia della stipulazione di un
nuovo patto sulla base di una nuova legge, ma l’enfasi è sempre sul patto
mosaico e sulla legge mosaica. Esdra comparve dinanzi al popolo con «il
libro della legge di Mosè, che l’Eterno aveva data a Israele»
(Ne 8,1), egli e altri con lui la lessero pubblicamente (vv. 2s), ne
diedero il senso, cosicché al popolo capisse ciò, che essi stavano
leggendo (v. 8), e ammaestrarono il popolo (v. 9. Quando c’era necessità,
gli uomini più ragguardevoli si radunavano con Esdra, per esaminare le
parole della legge (Ne 8,13). Tutto ciò è una cosa abbastanza diversa da quello,
che Geremia annunciò riguardo alla legge scritta nell’interiore e alla
conoscenza diffusa conseguente (Gr 31,33s).
■ Il patto, che Dio intendeva ingiungere all’intera casa d’Israele, prevedeva
questo: «Io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore»
(Gr 31,33), e ciò avrebbe prodotto in tutti una conoscenza profonda del Signore
e della sua volontà (v. 34). Ti tale intervento così radicale del Signore
nell’interiore degli Israeliti non c’è traccia nei libri post-esilici. Al
contrario, essi si contaminarono, prendendo mogli pagane (donne straniere Esd
10,2.10s.14.17s; mogli straniere Esd 10,44; Ne 13,27; figlie di dèi stranieri
Mal 2,11), e svilupparono ingratitudine e grettezza d’animo, con cui facevano
rimostranze a Dio e lo accusavano (cfr. «in
che...?» in Mal 1,2.6.7; 2,17; 3,7.8). Di tale rigenerazione o «nascita
dall’alto» non vi è proprio traccia.
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■ L’attuazione storica di tale promesse di Dio verso la casa d’Israele e la casa
di Giuda era connessa all’avvento del nuovo Davide, che germoglierà come
germe di giustizia e amministrerà quest’ultima
nel paese, recando così pace e sicurezza al paese (Gr 33,14-17).
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Nov_Patt4_Gr_Sh.htm
23-02-2016; Aggiornamento: 07-03-2016 |