1. ENTRIAMO IN TEMA
(Nicola Martella): In Genesi 6,1-4 si parla in ebraico dei benê-hā’ëlohîm
«figli del Tremendo (o Dio)», che si accoppiarono con le benôt
hā’ādām
«figli del terrestre (o uomo)». Dal loro connubio nacquero i nefilîm
«(de)caduti», chiamati pure hagghibborîm «gli eroi» e ’anešê
haššem «uomini del nome (= di fama)».
Ciò che ci interessa
particolarmente, è che la Settanta (la traduzione greca dell’AT), tradusse
nefilîm
«(de)caduti» con ghígantes, termine che nella mitologia greca non
designava solo «giganti», come troviamo nelle nostre traduzioni, ma dèi
inferiori, che avevano nelle fattezze aspetti sovrumani e altri simili agli
uomini. Nelle fantasie mitologiche tali ghígantes non si differenziavano
nella pratica dagli «eroi», semidèi, nati dal connubio fra divinità ed esseri
umani, i quali spesso erano assurti anche a divinità. Se si prescinde
dall’origine, una differenza consisteva, ad esempio nel fatto, che i
ghígantes erano immaginati con una certa mostruosità, mentre agli «eroi» era
attribuita una particolare bellezza. Si noti che la Settanta traduce con
ghígantes anche hagghibborîm «gli eroi» (v. 4).
Di questo tema ne abbiamo già parlato. La richiesta di un lettore mi ha portato
ad approfondire ulteriormente la questione.
2. LE QUESTIONI
(Gabriele Puopolo): Caro Nicola, ho letto con molto interesse i seguenti
articoli sul sito «Fede controcorrente»:
►
I «figli di Dio» in Genesi 6: uomini o esseri celesti? {Nicola Martella} (T)
►
I «figli di Dio» in Genesi 6: la tesi occultistica {Nicola Martella} (T)
Ho letto inoltre anche la sezione «I figli di Dio»
nel libro «La
lieve danza delle tenebre».
Avrei una domanda in merito
ai Nephilim, nati dal connubio tra figli di Dio e le figlie degli uomini
(Gen 6,1-4). La Settanta traduce tale parola con ghigantes, che farebbe
riferimento (da quello che ho letto nei tuoi articoli) ai titani (esseri
semi-dio e semi-uomo). Da alcuni articoli letti in merito alla mitologia greca
si evince che i titani fossero i figli di Urano (Cielo) e di Gea (Terra). Essi
erano in numero di 12 ed erano nati dall’unione di queste due divinità (Urano e
Gea). Oltre a questi, Urano e Gea generarono tre Ciclopi e tre Centimani.
Ricapitolando Gea e Urano
(entrambe dèi) ebbero come «figli»: ▪ 12
Titani (tra cui c’era Cronos); ▪3 Ciclopi;
▪
3 Centimani.
Sia i Titani, che i Ciclopi
che i Centimani sembrano essere delle creature divine, la cui nascita non è
legata a un’unione con gli uomini.
I semi-dèi (apparentemente
diversi dai Titani) erano invece nati dall’unione di un dio con una donna (o di
una dèa con un uomo).
Da dove nasce l’idea di
titani come semi-dèi? Potresti citarmi qualche fonte? Concordo con quanto
scritto negli articoli sopra menzionati, ma avrei bisogno di un po’ di luce su
questo punto. Grazie per la tua disponibilità. {14-08-2014}
3. LE RISPOSTE
(Nicola Martella)
3.1. ERRATA CORRIGE:
A volte, abbiamo usato un modo approssimativo, per esprimere qualcosa, che
avevamo chiaro in mente; altre volte, abbiamo usato espressioni un po’ infelici
o ambigue, per esprimere ciò, che volevamo. Col senno del poi, tutto diventa più
chiaro e ci chiediamo: «Perché mai ho scritto tale cosa proprio così?». Non si
può che essere che grati a chi ci fa delle osservazioni, poiché questo ci
permette di aggiustare il tiro o di spiegarci meglio.
Quando ho scritto «La
lieve danza delle tenebre» ho
affrontato un’impresa titanica, per stare al tema. Ho elaborato tanti di
quei temi, dati, questioni e aspetti, e può darsi che allora mi sia sfuggito
qualche particolare, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni
Novanta del secolo scorso.
Sono andato a rileggermi il brano in questione, che recita come segue:
«Il testo masoretico riporta in Genesi 6 nefilîm, che la
Septuaginta traduce giustamente con ghigantes (cioè titani),
esseri per metà uomini e per metà divini. La traduzione di ghigantes con
il nostro “giganti” è equivoco. Nefilîm deriva dalla radice
nafal
“cadere” e significa perciò i “(de)caduti”» (p. 251). Il mio intento allora era
quello di far capire che tali ghígantes non erano soltanto uomini
particolarmente grandi e forti, ma «esseri ibridi». Ora, col senno del poi,
riformulerei come segue la prima parte: «Il testo masoretico riporta in
Genesi 6 nefilîm, che la Septuaginta traduce giustamente con
ghígantes; nella mitologia greca i ghígantes erano esseri simili
ai Titani, nati anch’essi da Gaia e Urano; essendo ambedue questi gruppi degli
dèi inferiori, erano nelle fattezze simili, in parte, alle divinità e, in parte,
agli uomini».
Sono andato a rileggermi anche tali articoli sul sito e ho visto che
nella «foga apologetica» non avevo messo tutti i puntini sulle «i» in tali
particolari aspetti; perciò, ho riformulato il mio pensiero. In ogni modo, se si
esclude l’origine differente, fra gli dèi inferiori e gli eroi non
v’è molta differenza sostanziale nelle variopinte fantasie mitologiche, poiché
anche vari eroi (per natura semidèi) vengono fatti diventare divinità
dell’Olimpo. La mitologia non è scienza, ma fantasiosa e leggendaria novella,
quindi
fantascienza, come diremmo oggigiorno.
3.2. SPIEGHIAMOCI MEGLIO:
Il paragone fra i Nefilîm e i Titani non era in senso
tecnico, ma intendeva evidenziare che tali «esseri ibridi» di Genesi 6
non erano semplicemente «giganti» nell’attuale concezione, ossia esseri affetti
da un’anomalia dell’accrescimento, che fa assumere loro dimensioni superiori
alla media (cfr. Goliath 1 Sm 17,4, i Refa’îm 2 Sm 21,16.18.20.22),
ma «esseri ibridi» particolari, nati da un connubio impari.
I Greci
avevano una concezione ben specifica dei Ghígantes, che non era molto lontana da
quella dei Titánes, essendo ambedue i gruppi figli degli dèi. La loro
definizione di semidèi, da me usata, non era tecnica e, quindi, non era tanto
riferita alla loro origine, ma al loro grado di divinità (erano comunque
dèi inferiori) e alla loro similitudine con gli umani; infatti avevano
effettivamente molte similitudini con gli «eroi», che erano visti come semidèi
quanto alla procreazione. Questi due gruppi avevano qualità divine e altre
simili agli umani, oltre ad aspetti mostruosi. Inoltre, nelle fantasie
mitologiche (ve ne sono varie) si trova tutto e il contrario di tutto. Nella
mitologia greca Gaia, la Terra quale dèa madre, volle vendicare i Titani
precipitati da Kronos nel Tartaro, perciò spinse i Giganti ad affrontare gli
dèi; dopo iniziali vittorie contro gli dèi (!), furono poi sconfitti. La
Treccani scrive: «In tarda età il nome di Giganti fu usato spesso come
sinonimo di Titani».
Proprio tale somiglianza fra divinità e uomini fece scegliere al traduttore
della Settanta il termine ghígantes, sebbene i nefilîm
fossero «esseri ibridi», nati dal connubio fra esseri celesti e umani.
3.3. APPROFONDIAMO ACUNE QUESTIONI:
È fuori dubbio che un semidio (cfr. Perseo, Eracle, Teseo) sarebbe
stato procreato da una divinità e da un essere umano. Tuttavia, bisogna
distinguere gli aspetti tecnici (antichi e moderni) e la fantasia mitologica
popolare, dove tutto è possibile. L’eroe o semidio possederebbe, in
genere, una grande bellezza, una grande forza e straordinari poteri. Alcuni di
loro sarebbero stati poi assunti all’Olimpo, diventando delle divinità; altri di
loro sarebbero stati trasformati in ninfe o sarebbero diventi mediatori fra dèi
e umani. Come si vede, il confine fra umani e divini è nella mitologia
molto tenue. Alla fantasia mitologica non c’è limite di sorta.
Come abbiamo visto, per ogni termine c’è un uso generale e uno tecnico. Riguardo
a ciò, che fossero i Titani, c’è l’aspetto mitologico e quello popolare (p.es.
cfr. Esiodo).
In effetti, nella mitologia religiosa greca i Titánes erano i
primi figli generati da Ūranós «Cielo (stellare)» e Ghẽ «Terra» (=
«Ghea»; anche Gaĩa «gaia»). Ora, però, nella fantasia mitologica tutto è
possibile. Infatti, l’unica progenitrice di tutto, sorta da Cháos «Caos»,
sarebbe stata proprio Gaia, la dèa madre. Ella avrebbe partorito per
partenogenesi Urano e molti altri esseri e cose. Poi, per incesto, ossia
unendosi a Urano, avrebbe partorito dodici Titani, tre Ciclopi e tre Centimani,
tutti esseri mostruosi. Quando Kronos, uno dei Titani, avrebbe evirato Urano, il
sangue gocciolato su Gaia avrebbe prodotto le tre Erinni, le dee della vendetta,
i terribili Giganti e le Ninfe Melie. Nella fantasia mitologica tutto è
possibile. I discendenti di Gaia si sarebbero uniti sessualmente con lei, per
produrre altri esseri di varia natura.
Si noti, comunque, che Zeus (figlio di Kronos, uno dei Titani) avrebbe relegato
i Titani nel Tartaro (dove si troverebbe anche Tifeo, nato per connubio
fra Gaia e Tartaro). Ora, se essi sono dèi, come fanno mura e porte di bronzo a
poterli tenere lì rinchiusi? Nella fantasia mitologica tutto è possibile.
Inoltre esistono varie tradizioni e leggende, spesso fra di loro contrastanti.
Non era un caso che i Titani fossero considerati figure primitive e
selvagge, divinità imperfette e mostri crudeli. Si noti anche che pure i
terribili «Giganti» (gr. ghígantes), nati dal sangue di Urano,
caduto su Gaia, erano degli dèi. Tuttavia, non tutti gli dèi erano uguali per
grado e potenza; il confine fra dèi e mostri sovrumani era abbastanza flessibile
nella fantasia mitologica. Ad esempio, per Omero i «Giganti» erano una tribù
selvaggia, che perì insieme al loro capo Eurimedonte (Odissea, VII, 59).
Per questo, «Giganti» e «Titani» si prestano come similitudine per spiegare che
il prodotto fra i «figli di Dio» e le «figlie degli uomini» in Genesi 6 non
erano semplicemente dei «giganti» (uomini di grande statura e forza), ma «esseri
ibridi»; fu probabilmente per questo che il traduttore della Genesi in greco
scelse proprio il termine ghígantes,
sebbene avesse delle «tare» mitologiche. È probabile che fu la vasta mitologia
che, in vari ambiti culturali dell’antichità, nacque sul loro conto (cfr. il
mito di Eracle o Ercole e di altri eroi in Grecia), a far dire a Mosè: «Essi
sono gli uomini potenti che, fin dai tempi antichi, sono stati famosi»
(Gn 6,4).
Sorprende che un derivato del termine «tartaro» venga usato nel NT, proprio
alludendo agli esseri celesti di Genesi 6; traduco letteralmente come segue: «Dio,
infatti, non risparmiò gli angeli, che avevano peccato ma,
inabissandoli [tartarósas], li recluse
mediante catene di tenebre, per essere custoditi per il giudizio»
(2 Pt 2,4; cfr. ND «li cacciò nel tartaro»;
Ricciotti ha «abisso»). In effetti, nel testo greco troviamo il verbo
tartaróō, per così dire, «tartarizzare», che corrisponde semplicemente al
nostro «inabissare».
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Nefilim_ghigantes_Ori.htm
02-09-2014;
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