1. LA QUESTIONE: Gianluca Colucci ha
pubblicato uno scritto dal titolo «Falsi cristiani in mezzo a noi». Invece di
riportare un testo biblico, per poi commentarlo, ha semplicemente riportato la
«parabola delle zizzanie», interpolando il testo con le sue spiegazioni.
Ecco dapprima il suo testo: «Egli propose loro
un’altra parabola, dicendo: il regno dei cieli è simile ad un uomo [Gesù]
che ha seminato buona semenza [veri Cristiani] nel suo campo [mondo]. 25
Ma mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico [Satana] e seminò
delle zizzanie [falsi Cristiani] in mezzo al grano [veri Cristiani]
e se ne andò. 26 E quando l’erba fu nata ed ebbe fatto frutto [veri
Cristiani], allora apparvero anche le zizzanie [falsi Cristiani]. 27
E i servitori [gli angeli] del padron di casa vennero a dirgli: Signore
[Gesù], non hai tu seminato buona semenza [veri Cristiani] nel tuo
campo [mondo]? Come mai, dunque, c’è della zizzania [falsi Cristiani]?
28 Ed egli disse loro: Un nemico [Satana] ha fatto questo. E i servitori
[gli angeli] gli dissero: Vuoi tu che l’andiamo a cogliere? 29 Ma egli
rispose: No, che talora, cogliendo le zizzanie [falsi Cristiani], non
sradichiate insieme con esse il grano [veri Cristiani]. 30 Lasciate che
ambedue [falsi e veri Cristiani] crescano assieme fino alla mietitura
[fine del mondo]; e al tempo della mietitura [ritorno di Gesù], io
dirò ai mietitori [gli angeli]: Cogliete prima le zizzanie [falsi
Cristiani], e legatele in fasci per bruciarle [all’inferno]; ma il
grano [veri Cristiani], raccoglietelo nel mio granaio [in paradiso]»
(Matteo 13,24-30). {12-10-2016; formattazione redazionale}
Uso l’occasione per suggerire ai cristiani un
giusto approccio verso il sacro Testo e una corretta ermeneutica del
testo biblico.
2. UNA MIA PRIMA RISPOSTA: A Gianluca Colucci
volevo fare presente quanto segue. Non si fa bene a interpolare la
sovrana Parola di Dio con le proprie interpretazioni. Questo modo di fare può
portare ad adulterare la Scrittura e può rappresentare una colpa
di lesa maestà. Oltre a ciò, può aprire porte e portoni all’arbitrio,
ossia al cattivo vezzo, con cui ognuno può far dire alla Parola di Dio ciò, che
vuole, semplicemente aggiungendo le proprie spiegazioni all’interno del testo.
Le interpolazioni nella Scrittura devono essere
limitate a quando si fa una traduzione dalle lingue originali, e allora
si aggiunge qualcosa tra parentesi quadre, per rendere meglio il senso del testo
ebraico o greco in italiano. Ad esempio, traducendo Efesini 1,3 dal greco,
coniugo precisione e leggibilità come segue: «Egli
ci benedì mediante ogni benedizione spirituale nei [luoghi] sopraccelesti
ne[ll’]Unto»; «luoghi» non c’è in greco e alla fine si trova solo
en Christõ «in Unto». Tuttavia, non bisogna mai farlo, aggiungendo al testo
le proprie interpretazioni. Quest’ultime devono essere messe dopo il
testo, ben separate da esso. La Scrittura rimane sovrana, le nostre
interpretazioni d’essa possono essere corrette o discutibili. Se contestiamo
questo ad altri, ritenendoli scorretti o manipolatori della Parola, noi stessi
dobbiamo dare l’esempio.
Quanto alla «proiezione testuale» riguardo a «veri
Cristiani» e «falsi Cristiani», gli faccio presente che essa è
anacronistica. Infatti, nel momento in cui Gesù insegnò tale parabola (Matteo
13,24ss) e il significato annesso (Matteo 13,36ss), di «cristiani» non ce
n’erano in terra. Perciò, Gesù non poteva intendere e insegnare ciò, di cui i
discepoli neppure sognavano l’esistenza. Fin lì essi erano giudei, che seguivano
il Messia, e tali volevano rimanere, non immaginando neppure che dovessero
diventare «cristiani».
3. LA REPLICA ALTRUI: Gianluca Colucci
mi ha risposto pubblicamente come segue. Veramente io non ho interpretato
proprio un bel niente, tanto meno mi sono permesso di adulterare la Parola di
Dio. Leggi la spiegazione che Gesù ha dato della parabola e vedrai tu stesso che
coincide con quella che ho dato io: «Ed egli, rispondendo, disse loro:
Colui che semina la buona semenza, è il Figlio dell’uomo; il campo è il mondo,
la buona semenza sono i figli del Regno; le zizzanie sono i figli del maligno;
il nemico che le ha seminate, è il diavolo; la mietitura è la fine dell’età
presente; i mietitori sono angeli. Come dunque si raccolgono le zizzanie e si
bruciano col fuoco, così avverrà alla fine dell’età presente» (Matteo
13,37-40).
Inoltre, è vero che il
termine Cristiani fu dato per la prima volta ad Antiochia (cfr. Atti
11,26), ma allora significa che i discepoli di Gesù prima di allora non erano
Cristiani, ma Giudei? Se erano Giudei di religione, perché furono
perseguitati dal Sinedrio e dagli altri Giudei? Evidentemente perché non
erano come loro. E se volevano rimanere Giudei, perché hanno seguito Gesù, che
insegnava una dottrina del tutto diversa da quella degli scribi e
Farisei?
Poi sulle parentesi
anche qui mi sembra che ci attacchiamo sul nulla e il tuo intervento, oltre ad
essere fastidioso, è pure immotivato non si sa da cosa, ma posso immaginare io
il motivo del tuo livore. Ho usato le parentesi quadrate, perché sono
quelle che bisogna usare, quando si fa un aggiunta del testo: «Le parentesi
quadre si usano ogni volta che si introduce nel testo un’aggiunta, una
spiegazione, un riferimento, una traduzione. Vengono inoltre utilizzate per
segnalare un taglio o una lacuna nel testo, inserendo tra parentesi il simbolo
dei puntini di sospensione […]» (fonte).
{13-10-2016; formattazione redazionale}
4. MIE OSSERVAZIONI E OBIEZIONI:
La citazione da te fatta sulle parentesi
quadre in un testo altrui mostra proprio che tu abbia sbagliato, poiché tu non
hai introdotto una variante testuale del greco, ma hai interpretato il testo a
modo tuo. Comunque, ti mostrerò tutto punto per punto.
Nel momento, in cui Gesù
parlò ai suoi discepoli, erano tutti «Israeliti», tanto Gesù quanto i
discepoli (dagli altri popoli detti anche «Giudei», chiamandosi tale territorio
ora «regno di Giuda», ora la provincia romana «Giudea»). Anche nella notte, in
cui Gesù fu tradito, i Giudei di Gerusalemme riconobbero dalla parlata che
Pietro era «galileo» (ossia un Israelita o «Giudeo», che abitava in Galilea).
Gesù fu condannato non perché «cristiano», ma perché pretendeva d’essere il
«Figlio di Dio». Gli apostoli e la chiesa di Gerusalemme non erano
perseguitati perché «cristiani», ma perché seguaci di quel Gesù di Nazareth,
che essi ritenevano essere il Messia (cfr. At 4-5). Inoltre, il Sinedrio
perseguitava tutti i Giudei, che non seguivano le loro direttive. Scribi e
farisei buttavano fuori delle sinagoghe tutti coloro, che facevano obiezioni al
loro ruolo e ai loro insegnamenti; perciò valeva anche per chi riteneva che Gesù
fosse il Messia (Gv 9,22s; 12,42).
Gesù insegnava veramente
una dottrina del tutto diversa da quella degli scribi e farisei? Se fosse
stato così, Gesù non avrebbe detto: «Gli scribi e i farisei siedono
sulla cattedra di Mosè. Fate dunque e osservate tutte le cose che vi diranno,
ma non fate secondo le opere loro; perché dicono e non fanno»
(Mt 23,2s). Se avessero insegnato nella sostanza una dottrina differente, Gesù
non avrebbe detto così. Il problema di scribi e farisei, come affermò
Gesù, non stava sostanzialmente nella dottrina di base, ma nel loro
comportamento massimalista, secondo cui si ritenevano «giusti» mediante i
loro atti devozionali (Lc 18,11s; cfr. Mt 9,12s; Lc 15,7); e nella loro
incoerenza di integralisti, poiché mettevano «pesi
difficili da portare» sugli altri, senza
toccarli personalmente neppure con un dito (Lc 11,46). A ciò si deve la condanna
pubblica di Gesù verso questi integralisti, ritenuti da Lui ciechi, ipocriti e
stolti (Mt 23).
Il punto focale del
dissenso fra Gesù di Nazareth e i dottori della legge era che questi ultimi
lo rifiutarono come Messia, e per questo lo osteggiavano, cercavano di ucciderlo
e, infine lo portarono alla condanna capitale. Addirittura, scribi e farisei
avevano, a differenza dei sadducei, la stessa dottrina escatologica dei
seguaci di Gesù Messia; Paolo, sapendolo, cercò così di spaccare il fronte dei
suoi accusatori, riuscendoci (At 23,6-9).
Pietro, entrando a casa
del centurione Cornelio, buttò subito le mai avanti, spiegando la prassi normale
dei Giudei messianici valida fin lì: «Voi
sapete come non sia lecito a un Giudeo di avere relazioni con uno
straniero o di entrare da lui» (At
10,28a); era così che Pietro e gli altri credenti giudaici si consideravano, e
fu Dio a comandargli di andare (v. 28b). Quando Pietro rientrò a Gerusalemme, fu
tacciato malamente: «Tu sei entrato da
uomini incirconcisi, e hai mangiato con loro»
(At 11,2s); ciò mostra il clima giudaico ed esclusivista interno a tale chiesa.
Ancora in Atti 21 Giacomo
e gli altri anziani furono orgogliosi di dire a Paolo che la chiesa di
Gerusalemme era composta di «Giudei, che credono», ossia in Gesù Messia,
tutti zelanti per la legge (v. 20). Essi non pensavano mai di chiamarsi
differentemente, tanto che si parlava di loro solo come quelli della «(nuova)
via» (cfr. At 9,2; 19,9.23), ossia un nuovo movimento fra i tanti altri
all’interno del giudaismo (farisei, sadducei, zeloti,
esseni, terapeuti, seguaci del Battista,
ecc.).
Fu il Signore che
fece sviluppare, col tempo, le cose diversamente, specialmente quando l’Evangelo
arrivò (nonostante tutto) anche ai Gentili, cosicché si formarono
assemblee a maggioranza gentile. Dapprima furono gli altri ad additare i
credenti gentili come «cristiani» (At 11,26), per poi diventare una
designazione generale (At 28,26), che si accreditò col tempo anche tra le chiese
(1 Pt 4,6).
Da tutto ciò
consegue che parlare di «cristiani» nel momento della parabola della zizzania, è
un anacronismo e un’interpretazione arbitraria.
5. LA MIA ANALISI NEL MERITO: Passiamo
all’analisi del testo biblico interpolato da Gianluca Colucci. La spiegazione
della parabola la diede Gesù stesso in Matteo 13,36-43. Qui Gesù non parlò «veri
Cristiani», ma di «figli del regno»; e non
menzionò i «falsi Cristiani», ma i «figli del
maligno» (v. 38). Chiaramente queste due categorie, menzionate da Gesù, non
nacquero col cristianesimo (da Pentecoste in poi), ma c’erano già. Infatti, Gesù
parlò dei Giudei, che lo rifiutavano come Messia, così: «Voi siete dal padre
[vostro], dal diavolo» (Gv 8,44 gr. diábolos «calunniatore»).
A ciò si aggiunga
che, a voler essere corretti, Gesù non parlò del nemico come il «Satana»
(ebr. šāṭān«avversario»,
gr. satanãs), come fa Gianluca Colucci, ma come il «maligno» (v. 38) e il
«calunniatore» (gr. diábolos; v. 39).
Inoltre, Gesù non parlò
della «fine del mondo», che implica già la sua distruzione, ma di
syntéleia tũ aiõnos
«compimento dell’era»
(v. 39), ossia dell’epoca attuale, che precede il regno del Messia e che arriva
alla sua conclusione. La Nuova Diodati ha tradotto qui con
«mondo» sia kósmos (v. 38) che aiôn (v. 39), fornendo così una
traduzione interpretativa, che trae in inganno.
Infine, Gesù non
parlò esplicitamente di un «inferno» (per altro termine inesistente in
greco; l’Ades è un’altra cosa), ma della «fornace del fuoco» (v. 42); non parlò
di «Paradiso», ossia di un luogo trascendentale, ma del «regno del Padre
loro» (cfr. Mt 6,10 «venga il tuo regno»; Mt 26,29 «regno del Padre mio»), ossia
del regno messianico (cfr. Mt 20,21 «tuo regno»; Lc 23,42 «venuto nel tuo
regno»; Eb 1,8). Gesù ne parlò anche come «mio regno», indicando il suo regno
terrestre (Lc 22,29s).
Durante il «giorno del Signore» si udrà nel cielo
questo grido: «Metti mano alla tua falce e mieti; poiché l’ora di mietere è giunta, perché la mèsse della terra è ben matura» (Ap 14,15). Al ritorno di Gesù, ci sarà la risurrezione, allora
il Paradiso verrà svuotato, non riempito, come afferma Gianluca Colucci; poi,
mentre gli increduli saranno distrutti sulla terra e attenderanno il giudizio
universale (Ap 20,11ss), i credenti
ancora viventi, usciti dal «giorno del Signore», saranno raccolti da ogni
luogo e saranno uniti al Signore e ai risorti nel regno messianico.
6. ASPETTI CONCLUSIVI:
Tutto ciò mostra che le interpolazioni nel
testo biblico, fatte da Gianluca Colucci, non
sono solo sbagliate per principio, ma diverse di esse anche
nell’interpretazione, che per molti aspetti non corrisponde alla spiegazione di
Gesù, ma alle proprie congetture. Tutte queste approssimazioni in un testo così
breve meraviglia, visto che in genere Gianluca Colucci vuole apparire
come un difensore dell’ortodossia, come uno che pesa pure le virgole al suo
prossimo nei suoi dibattiti con gli altri.
In ogni modo, non si può che concordare con una
sua aggiunta posta successivamente in calce a tale suo scritto: «Ricordiamo
inoltre che Paolo è stato “in pericoli tra falsi fratelli” (2 Corinzi
11,26), “introdottisi di soppiatto, [...] per spiare la libertà che abbiamo
in Cristo Gesù” (Galati 2,6). Ecco perché non dobbiamo mischiarci con chi si
dice fratello, ma poi non dimostra i segni di una vita cambiata radicalmente
dalla potenza dello Spirito Santo (cfr. 1 Corinzi 5,11). Frequentando persone di
questo genere rischiamo solo di contaminarci: “Le cattive compagnie
corrompono i buoni costumi” (1 Corinzi 15,33). Chi ha
orecchi per intendere, intenda» (formattazione redazionale). Tuttavia, tutto ciò
non ha nulla a che fare con l’interpretazione della parabola delle
zizzanie.
E poi egli termina molti dei suoi scritti con
la massima ripresa da Gesù, ma molto amata da una certa persona, a lui
abbastanza cara: «Chi ha orecchi per intendere,
intenda». Spero che questa volta intenda anche Gianluca Colucci e
cambi metodo e approccio al testo biblico.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Corret_Scritt_UnV.htm
17-10-2016; Aggiornamento: |