Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Oltre alle parti introduttive (Bibbia, AT) e al Giochimpara finale, il libro contiene due parti distinte dell’AT: il «Pentateuco» e i «Libri Didattici».

 

◘ Ecco le parti principali del Pentateuco:
■ Il Pentateuco in generale
■ Genesi
■ Esodo
■ Levitico
■ Numeri
■ Deuteronomio.

 

◘ Ecco le parti principali dei Libri Didattici:
■ I Libri Didattici in generale
■ Giobbe
■ Salmi
■ Proverbi
■ Ecclesiaste
■ Cantico dei Cantici

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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primi grandi uomini

 

Bekhor Shlomo (a cura di), Primi grandi uomini: Adàm, Nòakh, Avrahàm (Mamash, Carugate, Mi, 2003).

 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori. Quelli attivi hanno uno sfondo bianco)

 

Nicola Martella

Secondo

Terzo

Quarto

 

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Nicola Martella:

L’opera ha così tanti titoli, sottotitoli e dediche che in un primo momento è veramente difficile sapere di che cosa si tratti: un commento sulla Genesi, la biografia dei tre patriarchi, un libro di aneddotica giudaica, una traduzione della Genesi, un libro per la liturgia o altro. A fatica si riesce a trovare il curatore ufficiale. Anche la terminologia tecnica giudaica risulta dapprima ostica per chi non è un insider. Sfogliando e leggendo qua e là, ci si accorge che si tratta, tra altre cose, della traduzione della Genesi — ma solo fino al capitolo 22 — con versione ebraica e traduzione italiana a fronte; è certamente una buona cosa per chi conosce l’ebraico, quindi per l’esperto. Al lettore medio resta soltanto la curiosità di paragonare la traduzione, a cui si è abituati, con quella fatta in quest’opera. Oltre ad alcune particolarità, il lettore troverà i nomi scritti in modo aderente all’ebraico; il Tetragramma (JHWH, Jahwè) non è riportato neppure come Adonaj «Signore» ma come Hashèm «il Nome».

     All’atto pratico, quest’opera presenta porzioni di lettura della Torà così come ricorrono nella liturgia della sinagoga, con annesse letture supplementari provenienti dalle altre parti dell’AT (p.e. Profeti). Sotto alla traduzione c’è un nutrito apparato, ma chi si aspetterà delle note esplicative dei termini contenuti nel testo, rimarrà perlopiù deluso. Un vasto spazio è dato al rabbino Rashì (Shlomò ben Yitzkhàk, 1040-1105), i cui commenti sono riportati solo in ebraico: peccato. Gli altri commenti sono perlopiù opinioni, non di rado speculative, di altri rabbini di estradizione talmudica e mistica (Cabalà, Zòhar, Khassidùt). Certamente anche in tali note non mancano, di tanto in tanto, alcune osservazioni interessanti di carattere teologico. Il testo della Genesi è intercalato, come già detto, da Haftaròt o porzioni di lettura, ossia da testi biblici letti nella liturgia sinagogale paralleli alla Torà. In esse si cerca di stabilire un aggancio col testo della Genesi, ma esso è spesso tenue e deriva da una qualche allusione testuale casuale, da un’analogia terminologica, da una speculazione vera e propria o da altro. In uno di essi, agganciato alla storia di Noè (Gn 6,6ss), salta all’occhio come Is 42,5-19 o 42,5-43,10, secondo tradizioni differenti, non sia applicato al «Servo di Dio» in qualità di Messia ma a Israele (p. 59ss). Ogni tanto c’è un box con qualche aneddoto o con qualche «spiegazione» rabbinica derivante da un approccio non esegetico ma speculativo. Il pensiero mistico e speculativo è mostrato dai vari riferimenti alla numerologia (le lettere ebraiche sono altresì numeri), da cui si cerca di trovare un significato nascosto nel testo.

     L’opera non è adatta a chi non è esperto; per chi ha già una tendenza a spiritualizzare il testo biblico mediante un uso metaforico e simbolico dei termini, quest’opera sarà un incitamento ulteriore alla speculazione dottrinale. Poiché la «Torà scritta» (= Pentateuco) e quella orale (= tradizione rabbinica) sono poste sullo stesso piano — «Sono tutte parole del Dio vivente» (p. 8) — e poiché Dio le avrebbe rivelate tutte già sul Sinai (!), ci si può immaginare che cosa ciò significhi. A ciò si aggiunge che viene accreditato un quadruplice metodo d’interpretazione che va dal significato semplice del testo, all’interpretazione omiletica, al valore numerico e ai segreti cabalistici. A ciò si aggiunge che per ogni parola del Pentateuco ci sarebbero settanta interpretazioni! Alcuni rabbini hanno tratto dei significati addirittura dalla puntazione delle parole (alle consonanti ebraiche sono state aggiunte nei primi secoli d.C. delle vocali sotto forma di punti), dalla grandezza delle lettere o dalla posizione di queste ultime o dalla loro ricorrenza dopo un certo numero di parole (dall’acronimo derivante si pretende di derivare un significato)! (p. 10). Le porte sono ampiamente aperte a ogni tipo di speculazione. E Dio le avrebbe veramente rivelate già sul Sinai!?

     Il glossario finale è senz’altro utile per chi troverà, in modo ricorrente, dei termini incomprensibili al lettore medio e digiuno di letteratura ebraica; vari termini sono però così scontati per l’ebreo che non ricorrono affatto. Interessanti sono senz’altro le varie tabelle contenute nell’opera. La traslitterazione proposta dell’ebraico non segue un metodo rigorosamente scientifico, ma è un adattamento pragmatico.

     La lettura di quest’opera provocherà e spingerà chiunque voglia praticare una corretta esegesi (e non una «versettologia» speculativa) a chiedersi quale sia l’approccio giusto verso il testo biblico e una legittima spiegazione d’esso. La lettura di quest’opera mostra come sia pericoloso e fatale prescindere dal normale significato letterario del testo nel suo contesto (letterario, storico, teologico) per cercarne altri più «profondi» con l’uso di numerologia, spiritualizzazioni e speculazioni varie. Allora si diranno cose giuste ma al posto sbagliato (malattia che affligge anche libri e articoli cristiani!). Oppure si rischia di trovare di tutto, tranne che la verità; non a caso Gesù rimproverava proprio gli esegeti giudaici del suo tempo in questo modo: «Voi errate perché non conoscete le Scritture» (Mt 22,29). Oppure anche così: «Se credeste a Mosè, credereste anche a me; poiché egli ha scritto di me. Ma se non credete agli scritti di lui, come crederete alle mie parole?» (Gv 5,46s). Infatti, come direbbe l’apostolo Paolo, ci si può concentrare sulla «lettera» (la tradizione delle speculazioni giudaiche sulla Torà) e mancare proprio lo «spirito» del testo in esame che vivifica (2 Cor 3,6; cfr. Rm 7,6). {Nicola Martella, recensione comparsa in Lux Biblica 29 (IBEI, Roma 2004), pp. 182ss} 

 

 

Secondo:

 

 

Terzo:

 

 

Quarto:

 

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Ricordiamo che ognuno può mandare la recensione di un libro da lui letto o anche solo le sue osservazioni al riguardo. Tutto ciò rispecchia esclusivamente le convinzioni di chi si esprime e non necessariamente quelle della redazione di «Fede controcorrente» sull’argomento.

 

Aggiornamento: 01-05-07

 

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