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È un sistema coordinato che si basa su presupposti diversi da
quelli del
sistema evoluzionista, al quale si
contrappone. Il principio di partenza è che, al di sopra e al di fuori del
creato, c’è un Dio dotato di personalità (cioè che vede, parla, decide) e
onnipotente al punto che non ha plasmato la materia e nemmeno ha messo
ordine nel caos primordiale, ma ha creato tutto dal nulla,
operando per mezzo della sola parola (Gn 1; Eb 11,3; 2 Pt 3,5ss).
Materia e atomi, perciò, sono
così perché Dio li ha voluti così «nel principio» (Gn 1,1). Anche la varietà
degli esseri viventi non è stata causata da uno sviluppo, ma è stata una scelta
iniziale del Creatore, adoperatosi non affinché da una specie se ne originassero
altre, ma perché ciascuna si riproducesse «secondo la propria specie» e
per mezzo dello specifico «seme» che ha «in sé» (Gn 1,11ss). La presenza di Dio
al di fuori e al di sopra del creato ha prodotto una
discontinuità all’inizio, poi altre in seguito, per esempio alla
cosiddetta caduta dell’uomo (Gn 3) e al diluvio universale (Gn 6-9).
Negli Evangeli, in fondo, Gesù si caratterizza proprio per la sua capacità di
creare discontinuità — sanando i malati, risuscitando i morti,
moltiplicandi i pani, comandando perfino ai venti — e i cristiani vivono
nell’attesa della discontinuità finale annunciata, quando Gesù tornerà e
smentirà l’umana convinzione che «tutte le cose continuano come dal principio
della creazione» (2 Pt 3,4). Che senso ha, allora, cercare di far combaciare
singole parti di due sistemi che si contrappongono nei principi generali e nelle
conseguenti scelte? {Fernando De Angelis}
Aggiornamento: 10-05-07 |