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Sono pochi gli scienziati ammirati universalmente quanto Louis
Pasteur (1822-95), la cui opera portò tanta chiarezza sul piano della conoscenza
e immensi benefici in campo medico. Partendo dalla sua attività di chimico, dopo
due secoli di contese, riuscì a dimostrare, in modo definitivo, che tutti
gli esseri viventi (anche quelli così piccoli da essere invisibili) derivavano
da altri esseri viventi uguali a loro, facendo incontestabilmente vedere
l’inconsistenza della
generazione spontanea.
Prima di Pasteur si credeva che le malattie fossero
causate soprattutto da scompensi interni, i quali avrebbero stimolato
la comparsa «spontanea» dei microbi infettanti. Pasteur dimostrò la validità
del principio
fissista
anche per i microbi, che perciò non potevano prodursi all’interno
dell’organismo, ma dovevano necessariamente venire dall’esterno, cioè
da altri microbi uguali a loro. Queste idee Pasteur cominciò ad
applicarle con grande efficacia, prima risolvendo certe alterazioni della
birra, dei vini e dell’aceto, poi passando alle malattie dei bachi da seta,
infine a quelle dell’uomo. Molte donne morivano di parto e Pasteur ammonì:
«Siete voi medici che trasportate il contagio […] Lavatevi le mani, lavate
gli strumenti in acqua bollente […] e la febbre puerperale non si
trasmetterà più!» Grande beneficio si ebbe anche con la sua cruciale
scoperta della vaccinazione.
Questi spettacolari successi Pasteur li attribuì a
un suo particolare retroterra, che così precisa: «La grandezza delle azioni
umane si misura dall’ispirazione che le fa nascere. Fortunato chi porta in
sé un dio, un ideale di bellezza e gli obbedisce: ideale dell’arte, ideale
della scienza, ideale della Patria, ideale delle virtù evangeliche. Sono
queste le sorgenti vive dei grandi pensieri e delle grandi azioni. E tutte,
si illuminano dei riflessi dell’infinito» (L. Pasteur,
Opere [UTET, Torino 1972], p. 1004).
La prospettiva
fissista
e antievoluzionista di Pasteur era in evidente contrasto con le idee di
Darwin, il quale se ne rese conto, ma non volle arrendersi nemmeno di fronte
all’evidenza; così ben 21 anni dopo che Pasteur aveva risolta la questione,
osò scrivere: «Benché nulla di probante sia stato detto fino ad oggi, a mio
parere, in favore dello sviluppo di un essere vivente partendo dalla materia
inorganica, non posso impedirmi di credere, in accordo con le leggi della
continuità, che un giorno si dimostrerà questa possibilità» (L. Terrenato -
E. Di Mauro, Guida alla mostra «5 miliardi di anni. Ipotesi per un museo
della scienza» [Roma giugno-luglio 1981], p. 76). È il solito stile
esposto nella scheda
Darwin e le razze: i fatti non contano, ciò che contano
sono i propri presupposti; se ciò che oggi si conosce contraddice le
leggi immaginate, non c’è da turbarsene, basta aver fede ed essere convinti
che la dimostrazione un giorno in qualche modo arriverà. Certamente anche
l’evoluzionista deve essere lasciato libero di professare la sua fede, ma
non dovrebbe considerarsi come unico depositario della Scienza, quando
invece ne mina le basi.
{Fernando De Angelis}
Aggiornamento: 10-05-07 |